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22 Settembre 2017: FORUM MONDIALE DEI GIOVANI 2017 2° CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI DELTA E SULLE LAGU

Updated: Oct 7, 2018


Séminaire sur la problématique de la salinisation des sols à Venise dans les locaux de la Fondation CA' VENDRAMIN.

22 Settembre 2017: FORUM MONDIALE DEI GIOVANI 2017 2° CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI DELTA E SULLE LAGUNE EFFETTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO NELLE ZONE LITORANEE


Link to full presentation PDF:

http://www.bonificavenetorientale.it/assets/Uploads/SG-Casamance-22.09.17-Girardi.pdf

Link of the video:

https://www.facebook.com/faceteam.internationale/videos/114665492840031


Nella sede della Fondazione Ca’ Vendramin, presso il Museo Regionale della

Bonifica a Taglio di Po (Rovigo), si è tenuto nella mattinata del 22 settembre un Convegno

sugli effetti del cambiamento climatico nelle zone litoranee.

L’organizzazione di incontri scientifici sui problemi dei delta e delle zone umide costiere

del Mediterraneo è tra i compiti istituzionali che si è data Deltamed, associazione costituita nel 2002 presso l’Istituto Agroambientale Terre dell’Ebro, su iniziativa della Comunidad General de Regantes del Canal della Derecha dell’Ebro, con il Consorzio di Bonifica Delta Po Adige di Taglio di Po. Deltamed associa persone giuridiche rappresentanti dei delta e delle zone umide litoranee del Mediterraneo, allo scopo di favorire interscambi culturali e di esperienze sulle problematiche ambientali del territorio e dell’agricoltura sostenibile, come gli interventi di mitigazione nei confronti dei cambiamenti climatici in atto.

Tra questi il delta dell’Ebro e del Po ovviamente, a cui si sono aggiunti nel tempo i delta

del Rodano, del Danubio, dell’Evros, del Nilo e, tra le lagune, quelle di Venezia e di

Caorle. Recentemente si sono associate altre realtà estranee all’area mediterranea, come

il mar del Plata a Buenos Aires, nel delta del Rio Paranà, od il delta del Mekong in

Vietnam.

Tutte le attività del Convegno, riassunte in questo documento, sono visionabili nella

loro integrità ai seguenti due link e di seguito nel testo, a fianco al nome del relatore, sono riportati i minuti nei quali sono registrati i singoli interventi.


Link 1: prima parte https://www.youtube.com/watch?v=BSlWp-49nUA

Link 2: seconda parte https://www.youtube.com/watch?v=9InYTZ8o1MI


I rappresentanti di queste realtà hanno parlato alla Conferenza della Fondazione Ca

'Vendramin, coordinata dall'Ing. Lino Tosini e aperto dall'accoglienza istituzionale delle

diverse Entità dei Presidenti. In primo luogo, il Dott. Dalle Vacche, Presidente del

Consiglio di bonifica di Pianura di Ferrara, ha dato al Forum l'accoglienza anche dal Sig.

Manuel Masiá, Presidente di DeltaMed, che non è stato presente in questa occasione.

Poi, hanno seguito l'accoglienza del Presidente del Consiglio di Bonifica del Po, Adriano

Tugnolo, anche il Sindaco di Taglio di Po, il Dott. Siviero, e il Direttore Generale

dell'ANBI, Dott. Massimo Gargano (7:30 link 1).

Nel salutare una platea che rappresenta la cultura della salvaguardia del territorio, “una

cultura decisiva che ha dei tempi di operatività che superano quelli dei mandati politici”, il

Direttore Gargano ha sottolineato tutte le conseguenze che ne derivano in termini di

attenzione alle problematiche emergenti, “con distrazioni colpevoli” come quelle relative ai cambiamenti climatici, non avvertiti nella loro ormai consolidata strutturazione, con tempi di ritorno delle avversità atmosferiche sempre più brevi, connotati da periodi di siccità sempre più lunghi, interrotti da violente ondate di maltempo di stampo tropicale, con bombe d’acqua ed alluvioni di portata frequentemente tragica.

È necessario che le competenze più qualificate si attivino per provvedere a delle soluzioni che consentano la miglior prevenzione possibile e le mitigazioni necessarie a contenere i gravi danni provocati dal cambiamento climatico.

Un’altra grave distrazione denunciata da tempo è quella relativa al recupero della risorsa

acqua mediante l’irrigazione, argomento che in Europa è percepito seriamente soltanto

dagli Stati del sud.

“La Direttiva sulle Acque non può essere uguale in Italia come nel Nord Europa”. Manca la

percezione di una “cultura idrica” che va promossa nella comunità e nel mondo politico ed ANBI inizierà da fine settembre un tour nelle principali città italiane per favorire una miglior conoscenza dell’economia dell’acqua, un’economia sostenibile volta alla valorizzazione delle risorse naturali dei territori.


Prima dell’esposizione delle relazioni in programma, è stato proiettato un filmato

realizzato da Deltamed, con la direzione del Consorzio di Bonifica del Veneto Orientale,

sullo stato attuale dei litorali dell’Alto Adriatico, con proiezioni simulate sull’innalzamento

del livello del mare e le possibili conseguenze sui litorali costieri, determinate dai

cambiamenti climatici al 2050 ed alla fine del secolo in corso (22:00 link 1).


La prima relazione ha visto l’intervento della dott.ssa Vanessa Cardin (35:55 link

1) dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale dell’Università di

Trieste, che si è intrattenuta ad illustrare il ruolo dell’Oceano nell’origine degli ormai

evidenti Cambiamenti Climatici.

L’Oceano, che rappresenta la più grande riserva alimentare del Pianeta, detiene anche

grandi risorse di calore che non sono in equilibrio nei diversi punti dell’orbe terraqueo.

Stanno cambiando in particolare le circolazioni d’acqua calda negli strati più profondi, che tendono ad alimentare con la corrente del Golfo il trasferimento di calore verso Nord e determinano scambi di acqua calda tra Equatore e Poli. Lo scioglimento dei ghiacci in atto, evidente in Groenlandia e nelle calotte polari, sono la conseguenza di questi trasferimenti di calore nell’Oceano. A loro volta gli studi sulle variazioni della distribuzione nelle diverse zone del Pianeta dei pigmenti fotosintetici, come le concentrazioni della clorofilla, rilevano che esse risultano minime nelle acque dell’Oceano alle latitudini equatoriali, in corrispondenza dei principali deserti del Pianeta.

Confermano inoltre l’aumento dei gas serra, in particolare del monossido di carbonio,

fondamentali per mantenere nell’atmosfera le condizioni climatiche idonee alla vita ma

che, oltre determinate concentrazioni, sono all’origine del surriscaldamento del Pianeta, in evidenza ormai da diversi decenni.

È dal 1980 che si sta riducendo l’estensione dei ghiacciai, regolarmente monitorati, come il ghiacciaio della Marmolada nelle Dolomiti, che dal 2002 ha perso 10 cm all’anno di

spessore. La fase di squilibrio si è accentuata negli ultimi 12 anni anche a causa

dell’anomala frequenza di stagioni invernali molto siccitose e con pochissima neve, meno

acqua nella stagione estiva per l’irrigazione ed una maggior frequenza di eventi estremi,

con flussi di maltempo turbolenti come trombe d’aria o uragani.

La conseguenza di tutto questo è il progressivo, anche se difficilmente percepibile,

innalzamento del livello dei mari, valutato mediamente sui 3 mm/anno, ma con situazioni

diverse, ad esempio, tra il livello del Mar Nero e quello del Mare Adriatico che cresce di

più, e tra il golfo aperto di Trieste e la laguna di Venezia che, dagli Anni Sessanta ha fatto

segnare un innalzamento maggiore, anche per il fenomeno della subsidenza, collegata

alle attività industriali di Porto Marghera.

Per Venezia si valuta che tra il 1978 ed il 2012 si sia determinato quasi mezzo metro di

innalzamento del livello della laguna, con un grave aumento del fenomeno dell’acqua alta tra il 2003 ed il 2013, in particolare nel biennio 2010/2011, incidendo su questa evoluzione anche il variato regime dei venti, con lo scirocco che spinge l’acqua con maggior frequenza ed intensità verso la laguna e verso monte, ostacolando il deflusso dei fiumi a mare e favorendo esondazioni ed alluvioni nelle aree dell’entroterra più fragili, dal punto di vista del regime idraulico.

Alla relazione della rappresentante dell’Istituto di Oceanografia di Trieste, ha fatto

seguito l’intervento del prof. Luis Berga dell’Università di Barcellona (57:00 link 1),

che ha esteso l’analisi delle conseguenze dell’innalzamento del livello del mare ai delta ed ai litorali del Mediterraneo e di altre parti del mondo Il prof. Berga, tra i fondatori di Deltamed, ha ringraziato la stessa Deltamed e l’Unesco per il patrocinio dato al Convegno. Ha ribadito che all’origine del cambiamento climatico vi è l’innalzamento della temperatura che, dal 1920, risulta aumentata di 1.2°C, con 3-4 mm/anno di aumento del livello dei mari. Sappiamo che il volume dell’acqua aumenta con l’aumentare della temperatura con il conseguente aumento del livello marino. Per mitigare questo fenomeno il mondo deve ridurre le emissioni di gas serra, iniziativa che è stata ratificata con indicazioni precise dagli accordi di Parigi 2015. L’aumento delle temperatura nel Pianeta dovrà essere contenuta entro + 1.5°C, al disotto degli attuali +2°C che stanno determinando l’insostenibile situazione in atto. È necessario tornare ai livelli di 20 anni fa, provvedendo a rinaturalizzare i delta, sostenere i litorali con il riporto di sabbia e connesse azioni infrastrutturali green. A beneficio dei litorali costieri e dei delta, deve essere anche ridotta la salinità e contenuto il fenomeno della subsidenza, in parte dovuta ad uno sprofondamento naturale ma favorito anche dall’attività dell’uomo, che estrae dal sottosuolo gas metano, mediante trivellazioni che devono essere impedite o meglio regolamentate.

Nei grandi delta del mondo, come i delta del Po, del Nilo e del Mekong, in Vietnam; sono

coinvolti 2.200.000 ha di terreni fertili e 145 milioni di abitanti.

I delta continuano ad ampliarsi, con il riporto di terra dei grandi fiumi, ma sono molto

vulnerabili ed a rischio di scomparire, con un aumento del livello dei mari al ritmo di 4

mm/anno. Per il delta dell’Ebro si prevedono al 2050 +40 cm, che diventano + 70/80 al

2100. Innalzamenti attualmente determinati per 15 cm dalla subsidenza ed altri 25 cm dal

livello del mare.


All’intervento del prof. Berga, ha fatto seguito la relazione del Prof. Andrea Behar e

della dott.ssa Tatiana Manotas Romero dott.ssa Tatiana Manotas Romero

dell’Università di Buenos Aires (1:32:50 link 1), che si è intrattenuta nel dettaglio sulle

problematiche del Rio Paranà alla foce e della Città di Buenos Aires, dove 14 milioni di

abitanti vivono l’incubo dei cambiamenti climatici che vedono l’Oceano Atlantico spingere l’acqua verso il delta del Rio Panara e verso il centro Città, con ripetuti fenomeni di intensa piovosità e venti molto forti dai 60 ai 90 km/ora.

L’intensità e la frequenza di questi straordinari eventi piovosi sono sensibilmente

aumentati negli ultimi anni e la Città non è preparata a precipitazioni così intense. Per

individuare le soluzioni possibili ad impedire che l’innalzamento del mare arrivi ad allagare il Centro Città, sono in atto numerose iniziative per la redazione di progetti ai diversi livelli, nazionale, regionale, territoriale e distrettuale, con il coinvolgimento dalla base della popolazione residente, per una gestione integrata della situazione.

Con i sedimenti portati a valle dal Rio Paranà (circa 1.600.000 t/anno), il delta continua a

crescere e viene sottoposto a mappature continue delle terre emerse, per l’individuazione ed il controllo delle variazioni negli insediamenti della popolazione e prevenire il rischio di inondazione. Allo stato attuale delle cose, il Centro Città di Buenos Aires potrebbe essere sommerso nel 2200.


La relazione successiva ha visto l’atteso intervento del prof. Luigi Dalpaos

dell’Università di Padova, (0:00 link 2) il più noto esperto di ingegneria idraulica del nord

Italia, che ha trattato il tema delle conseguenze dell’innalzamento del mare sulla laguna di Venezia ed i territori adiacenti. Proiettando una cartografia del golfo di Venezia nell’Alto Adriatico, ha fatto notare come si tratti di una costa bassa e sabbiosa, ricca di bacini costieri e di valli. Citando Plinio il

Vecchio ha rilevato come nell’antichità si potesse navigare da Grado a Ravenna

transitando per acque interne.Attualmente gli areali retrostanti la costa sono sotto il livello del mare e sono stati oggetto di estese bonifiche integrali per consentire il ripopolamento e la coltivazione della terra. Ha citato i fenomeni dell’eustatismo e della subsidenza che, assieme all’azione antropica, hanno determinato l’attuale situazione della costa adriatica.

L’uomo nei secoli ha creato difese per le sue finalità abitative e produttive: l’esempio più

significativo è la Città di Venezia.

La laguna di Venezia ha subito dall’anno Mille interventi sempre più importanti, dalle

diversioni dei fiumi Sile, Piave e Livenza, ad opera del Magistrato alle Acque per

spostarne verso est le foci ed impedire nel tempo l’interramento della parte settentrionale della laguna, per arrivare al progetto del Mose ai nostri giorni.

Nello stesso delta del Po il maestoso intervento intorno al 1600 sul Po di Tramontana, con il taglio di Porto Viro atto a consentire il deflusso delle acque del grande fiume

direttamente al mare, ha impedito l’interramento della parte meridionale della laguna di

Venezia ed ha visto la nascita di Taglio di Po, il Comune che oggi ci ospita. Da quel

momento, in 400 anni il delta è avanzato di 25 km. Secondo le evidenze del IPCC, il

Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici fissato nel 1988 dalle Nazioni Unite e

dall’UNESCO (Intergovernmental Panel on Climatic Change) e premiato con il Nobel nel

2007 per il valore scientifico degli studi e delle ricerche condotte, alla luce

dell’innalzamento realizzato dal mare dal 1700 ad oggi e dell’andamento dei cambiamenti climatici previsto da oggi al 2100, ha individuato in un range tra 50 cm ed 1 metro il probabile innalzamento del livello del mare nell’Alto Adriatico.

Le condizioni attuali nella laguna cambieranno di molto. La laguna è sottoposta a grandi

processi erosivi e sta segnalando un avanzamento dell’acqua verso terra nella parte

meridionale mentre in quella settentrionale avviene una tendenza contraria. L’importante

investimento del MOSE si riprometteva di difendere Venezia, nel caso di “acqua alta” ad

un livello di 110 cm; di assumere un margine di 22 cm in vista di futuri innalzamenti del

livello del mare; di salvaguardare l’attività portuale di Venezia e di Chioggia.

Sono valori decisi nella fase di studio del 2000/2002, con un’ipotesi pessimistica di +31 cm dell’innalzamento del mare, quando il IPCC faceva già previsioni di +50 cm: una scala al ribasso in fase progettuale difficilmente spiegabile che solleva pesanti riserve sulla

capacità del MOSE di far fronte alle situazioni che si determineranno. Saranno le

condizioni di riscaldamento del Pianeta che influiranno sull’innalzamento del livello del

mare, se l’aumento delle temperature sarà contenuto al disotto dei 2°C o se andranno

oltre. Il range di innalzamento tra i 53 cm al 2050 ed i 97 cm al 2100, è ritenuto al

momento il più probabile dagli scienziati più autorevoli, anche tenendo conto del margine di incertezza che condiziona le valutazioni di questi modelli matematici.

Al riguardo sono comunque eloquenti le statistiche degli ultimi 30 anni sui colmi di marea in laguna, con acqua alta sopra i 110 cm, rilevati alla Punta de La Salute, con un

innalzamento medio di 16 cm (pari a 5.3 mm/anno), che riconducono ai 53 cm all’anno

2100.

Un’altra significativa conferma della precarietà della situazione riguarda la previsione del

numero di ore in cui il Mose dovrebbe rimanere attivato per reggere i 110 cm di acqua alta.

Tenendo conto che il fenomeno dell’acqua alta si è verificato con una frequenza di 2

volte/anno dal 1986 al 1995, e di 8 volte/anno dal 2006 al 2016, un innalzamento del livello del mare di 30 cm al 2100 comporterebbe una chiusura delle bocche di porto per almeno 2000 ore (90 gg), che diventerebbero il doppio (180 giorni) nel caso di un innalzamento di 50/60 cm. Con tutti i problemi ambientali che ne conseguirebbero per il ridotto ricambio d’acqua alla laguna. L’attuale progetto del Mose sembra avere quindi una breve vita di efficienza operativa (2/3 decenni). Dovranno pertanto essere prese in considerazione altre soluzioni per fronteggiare gli aumenti di livello del mare a quote di +90 cm, previste per fine secolo, monitorando in continuo l’efficacia delle attuali difese (frequenza di sormonti o possibili cedimenti) e pianificando per tempo le nuove soluzioni, con i relativi finanziamenti, per rendere possibile la salvezza di Venezia.


Alla relazione del prof. D’Alpaos ha fatto seguito l’intervento della dott.ssa Stefania

Girardi, consulente delle Associazioni Senegalesi in Italia, (25:00 link 2) per illustrare

quanto sta avvenendo in Senegal con il caso del grande fiume Casamance che si inoltra

per 300 km dalla costa, con una preoccupante risalita dell’acqua salata, fino ai 200 km,

che impedisce la coltivazione del riso e delle altre colture praticate nell’area per sfamare la popolazione. La situazione è stata favorita dalla sensibile riduzione della piovosità, a

partire dall’anno 1970, passata dai 1500 mm/anno ai 1080, per poi risalire nelle ultime

annate a 1200 mm circa. Sono allo studio la realizzazione di dighe antirisalita della salsedine ed il ricorso ad altre colture più resistenti in condizione di salinità del terreno.


Sulla situazione nei popolosi areali costieri del sud-est asiatico si è poi intrattenuto il

prof. Massimo Sarti dell’Università di Ancona, (43:00 link2) che sta collaborando da

anni in quelle realtà ed in particolare nelle coste del Vietnam e nel delta del Mekong.

Sono state proiettate immagini delle vaste lagune interne alla costa vietnamita, rilevando il rischio che incombe sulla numerosa popolazione vivente sulla costa e nei delta, sotto la

minaccia di ulteriori innalzamenti del livello del mare. Le coste vietnamite, sviluppate per

3200 km tra i grandi delta del Mekong e del Fiume Rosso, sono molto basse con frequenti lagune interne, dove si svolgono le principali attività economiche che sostengono il prodotto interno lordo nazionale: la pesca, l’itticoltura e la coltivazione del riso. L’allerta determinata dall’innalzamento del mare è in atto dal 2007, con un cambiamento climatico che si è tradotto anche in una maggior frequenza di tifoni ed altre devastanti turbolenze meteorologiche, ed è già prevista una rilocalizzazione dell’11% della popolazione. La FAO e la Banca Mondiale stanno promuovendo progetti per la messa in sicurezza di queste aree molto popolate e maggiormente esposte. Nel progetto FAO c’è una partecipazione anche della Regione Veneto e della stessa Fondazione Ca’ Vendramin.


Un caso di particolare rilievo è infine quello del delta del Nilo, dove gli effetti del

cambiamento climatico stanno condizionando la disponibilità di acqua per la produzione

agricola, con i fenomeni dell’intrusione salina e della regressione dell’acqua dolce nel

delta, efficacemente illustrati dal relatore Dott. Badawi A. Tantawi, esperto del Field

Crops Research Institute de Il Cairo (1:07:30 link 2).

Sono in fase di avviata realizzazione progetti di ricerca per contrastare i suddetti fenomeni, mentre sono già state selezionate varietà di riso e di altri cereali resistenti alla salinità nel terreno.

Per l'Egitto, questo studio ha concluso che una l’innalzamento del medio mare di 1 metro

inciderà su circa il 10% della popolazione totale, principalmente situata nel Delta del Nilo e quasi il 12,5% dei paesi agricoli in termini di superficie agricola totale (20% del totale

popolazione e il 35% della dimensione agricola, rispettivamente, con 5 m). Di

conseguenza, per la regione del Medio Oriente e del Nord Africa, l'Egitto sarà tra i Paesi

più colpiti.

Fa presente in fine che la popolazione totale interessata dall’innalzamento del livello del

mare è stimata a 3,8 milioni per un aumento di 0,5 m e 6,1 milioni per un aumento di 1,0

m. Per questi due scenari il totale delle colture colpite in questo studio è stato stimato a

1.800 km2 e 4.500 km2 rispettivamente.

Le conclusioni del Convegno (1:28:30 link 2) sono state tratte dagli interventi del

prof. Berga dell’Università di Barcellona, da Simone Grego responsabile del settore

scienza di naturali dell’UNESCO in Africa Occidentale e dall’ing. Tosini, coordinatore del

Convegno e rappresentante della Fondazione Ca ‘Vendramin.

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